mercoledì 31 luglio 2013

facciamo finta che.....

Vi dirò una cosa, quello strano fenomeno che si chiama Cosplay, ovvero "termine della lingua giapponese che indica la pratica di indossare un costume che rappresenti un personaggio riconoscibile in un determinato ambito e interpretarne il modo di agire"( fonte wikipedia), in realtà, l'ho inventato io.
Ricordo che ero bimbetta quando io e una mia amica ci vestimmo da Candy Candy, che fantasia poi, neanche una della due che facesse che so, Annie, Terence o il procione, e ci cucimmo i vestiti aiutate da mamme e nonne, quasi uguali, neanche uno nella versione Candy infermierina, e cosplayate così andammo ospiti di una tv regionale che adesso non esiste più a parlare del cartone animato (io l'ho sempre detto che sono una finta timida).
Il dubbio che quella rete televisiva fallì per colpa nostra agghindate da Candy Candy, resterà per sempre.
E non era neanche carnevale.
Ma io il cosplay l'ho sempre applicato per qualsiasi cosa mi "attraesse" in tv.
Esempio negli sport, per seguire il tennis mi armavo di racchetta e gonnellino, il tutto dal divano di casa mia, ovvio, che io son sempre stata bravissima negli sport "da divano".
Per un certo periodo sono stata anche Nikka Costa, bambina canterina che andava per la maggiore ai miei tempi, ancora prima di trasmissioni come Io canto e gli inquietanti bambini della Clerici.
Mi mettevo le cuffie seguendo il testo di On my own, giusto per non dare fastidio a nessuno, e cantavo a squarciagola immedesimandomi nel personaggio, incurante del fatto che sì, il disco lo sentivo solo io, ma la mia voce la sentivano tutti, soprattutto i vicini.
Per i telefilm mi facevo le trecce come Laura della casa nella prateria, gonnellone folk e lentiggini disegnate con la matita marrone in tutto il viso.
Ricordo anche che per il cartone animato Ryu ragazzo delle caverne, io e la mia combriccola ci costruimmo un bastone con la punta e andavamo in giro per tutto il quartiere a caccia di Dinosauri,e inutile dire, visto che il mio quartiere non era Jurassick Park, neanche l'ombra di un Velociraptor.
Andammo anche al cinema a vedere Madonna in cercasi Susan disperatamente, reggiseno a vista, wayfarer neri o marrone scuro, capelli mossi con fiocchetti di pizzo vari, croci al collo, canottiera e pancino, ancora quando lo si poteva chiamare "ino" con l'ombelico di fuori, fuseaux che si chiamavano ancora così (son del geriatrico io) e minigonna sopra.
Ricordo ancora certe litigate, su chi doveva essere chi, che tutti volevano sempre essere lo stesso personaggio, un po' come quando si giocava a calcio e tutti volevano essere attaccanti e nessuno mai il portiere, che in porta si sa, si metteva sempre quello un po' sfigato, sempre lì fermo ad aspettare una palla, che quando e se arrivava, finiva sempre dentro.
Diciamo che adesso le cose sono un po' cambiate e giuro che se volessi anche essere il dottor House, non costringerò mai nessuno a farmi da paziente, e non metterò mai la striscia gialla "scene crime do not cross" alla CSI, ma giusto perché il telefilm non mi è mai piaciuto.

Però lo confesso, le trecce come Laura, ogni tanto, me le faccio ancora e gli stivali texani come Lori Singer/Ariel Moore in Footloose, li conservo ancora.

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